NON E' UN PAESE PER GIOVANI
martedì 09 gennaio
Sandro e Luciano fanno i camerieri in un ristorante ma coltivano sogni più grandi: Sandro, figlio di un edicolante pugliese che si improvvisa fruttivendolo abusivo, vorrebbe diventare uno scrittore, mentre Luciano, figlio di un giornalista, vorrebbe vedere i suoi orizzonti allargarsi, anche se non sa bene in quale direzione. È Luciano a trovare l'occasione giusta per entrambi: la possibilità di aprire il mitico chiringuito sulla spiaggia a Cuba, dove il mare è trasparente e la connessione Internet è centellinata dallo Stato. A Cuba i due amici troveranno ad aspettarli Nora, un'espatriata italiana stramba ma a suo modo autentica e profonda.
L'idea di Non è un paese per giovani è nata dall'esperienza di Veronesi a Radio 2 con la trasmissione omonima (condotta insieme a Massimo Cervelli) che lo mette in contatto con i ragazzi espatriati per trovare quel lavoro che in Italia, almeno per loro, non c'è più.
Il problema paradossalmente è proprio la ricchezza delle testimonianze che Veronesi ha raccolto (alcune delle quali vengono riportate in video all'inizio e alla fine del film) e che il regista e sceneggiatore (insieme a Ilaria Macchia e Andrea Paolo Massara) cerca di convogliare tutte in un unico film. Ci sono almeno quattro trame all'interno di Non è un paese per giovani, ognuna delle quali avrebbe meritato un film a sé: la storia di Sandro, quella di Luciano, quella di Nora e anche quella di Euro60, un emigrato siciliano interpretato da Nino Frassica con la consueta capacità di rubare la scena a tutti gli altri.
Non è un paese per giovani ricorda da vicino L'estate addosso di Gabriele Muccino sia per la libertà creativa che l'excursus cubano ha regalato ad entrambi i registi, sia per una sorta di cannibalismo involontario nei confronti dei soggetti che entrambi i film raccontano: le storie dei ventenni di oggi andrebbero raccontare dai loro coetanei con una videocamera in mano, e invece sono due registi cinquantenni ad averne la possibilità e il privilegio, in qualche modo succhiando la linfa vitale dai loro giovani protagonisti per trasformarla nel proprio rinnovamento espressivo. È un vampirismo di cui né Muccino né Veronesi sono consciamente colpevoli, e non dubitiamo delle loro buone intenzioni: ma davvero questa Italia non è un Paese per giovani nemmeno a livello di industria cinematografica.
Rientrando nel merito di Non è un paese per giovani, la sua forza è la freschezza delle immagini e delle interpretazioni di Sara Serraiocco, ormai pronta per la serie A, e Filippo Scicchitano, mentre Giovanni Anzaldo sconta un'impostazione eccessivamente teatrale (anche se dal punto di vista della presenza fisica non ha nulla da invidiare agli attori hollywoodiani). La sottotrama dedicata al suo Luciano sembra mutuata da Il cacciatore, ma il lavoro di Christopher Walken in quel film (che infatti gli valse un meritatissimo Oscar) era tutto in levare e scansava ogni eccesso melodrammatico. È un peccato soprattutto perché l'intuizione più azzeccata di Non è un paese per giovani è che la rabbia dei ventenni di oggi, umiliati nella dignità e persino nella virilità, può far loro riscoprire una ferocia animale, contemporaneamente vitale e mortifera. Un messaggio pop di una certa risonanza fra i giovani, visto che anche Francesco Gabbani in Occidentali's Karma canta: "Quando la vita si distrae cadono gli uomini e la scimmia si rialza".
L'altra freccia all'arco di Veronesi è una certa fluidità narrativa sbullonata e picaresca alla Marrakech Express o alla Puerto Escondido, già rilevata come nota positiva nel suo Che ne sarà di noi. Ma la proliferazione delle linee narrative e dei riferimenti ad altro cinema (oltre a Il cacciatore c'è ad esempio Fight Club, sempre nella sottotrama dedicata a Luciano) invece di riprodurre la bella polifonia della trasmissione radiofonica generano qui una sorta di caos disarmonico.
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